Andrea Gregoretti è un regista emergente di cinquant'anni. O meglio, essere ancora emergente a quella età è quello che pensa lui. In realtà, i progetti filmici di Gregoretti si fermano sempre di fronte alla «porta» chiusa di un produttore. I ripetuti fallimenti fanno scivolare il nostro regista in uno stato depressivo dove addirittura arriva a sognare di vincere un Oscar nell'ambita categoria «Fallito dell'anno». In questo sprofondo emotivo, nella mente di Gregoretti affiora un ricordo di infanzia, legato ad un compagno di scuola che in quinta elementare, durante il dettato, riuscì a fare 24 errori in una sola parola. Il ricordo di questo fuoriclasse della grammatica, stimola in lui l'entusiasmo per un nuovo progetto, capace di riscatterà tutti i suoi fallimenti; All'Alba perderò. L'idea di Gregoretti è quella di raccontare le gesta di chi ha fallito più di lui. Si imbatte così nei fuoriclasse della sconfitta, i campioni del fallimento, insomma, in uomini che hanno perso ma lo hanno fatto in un modo unico. Si imbatte nella storia di Taki Inoue, considerato il peggior pilota di Formula uno. L'unico ad aver tamponato la safety car durante un gran premio. L'unico ad essere stato investito dalla macchina della guardia medica. Gregoretti si appassiona alla storia di Eric Moussombani, un nuotatore della Nuova Guinea Equatoriale che partecipò alle olimpiadi di Sidney nella categoria 100 metri stile libero. Il problema era che Moussumbani aveva imparato a nuotare solo otto mesi prima della gara. Tra l'altro aveva imparato a nuotare in un fiume dove l'acqua era pure bassa. Il risultato? Moussombani rischiò di affogare! Gregoretti porta alla luce storie sconosciute, scarica e visiona filmati, ritaglia articoli ed alla fine intuisce quanto il fallimento sia più educativo della vittoria.